STANLEY CHOW

Nonostante Stanley Chow sia noto soprattutto come illustratore, ha iniziato la sua carriera come DJ. Dedicandosi poi al mondo dell'arte, si è guadagnato un grande seguito grazie al suo stile caratteristico e i suoi soggetti tratti dal mondo della musica, del cinema e dello sport. In passato, ha collaborato con chiunque, dai White Stripes a John Cooper Clarke, dal Manchester United alla rivista L'Equipe.

Puoi dirci due parole sul tuo conto?

Sono Stanley Chow, vengo da Manchester e sono un artista e illustratore. Ma qualche volta faccio anche il DJ.

In che modo Manchester ti ha plasmato come artista?

Senza questa città, non credo che sarei diventato l'artista che sono oggi. Ho sempre voluto esserlo, ma sono stati proprio Manchester e la gente del posto che mi hanno permesso di diventare ciò che sono ora. Ho iniziato facendo il DJ nel centro della città e progettando volantini e manifesti. I primi tempi, non sapevo quale fosse la mia vera strada. Volevo solo fare cose che mi piacessero. Non mi aspettavo però che, vent’anni dopo, avrei fatto ancora il DJ. Grazie a questo mestiere, ho conosciuto molte persone che lavoravano nei club e nei locali di Manchester e che mi hanno chiesto di realizzare altri volantini e manifesti, dopodiché ho iniziato a dedicarmi a progetti più incentrati sul mondo della musica.

In seguito, sono finito a lavorare con i White Stripes e quell’esperienza mi ha fatto conoscere a livello internazionale. Ad ogni modo, non sarei stato in grado di fare tutto quello che faccio se non avessi disegnato volantini e manifesti per i bar e i locali di Manchester. Questo aspetto mi ha aiutato molto a crescere come artista.

In che modo le persone intorno a te ti hanno aiutato nella tua crescita artistica?

Tutte le persone che frequentavo erano creative oppure volevano esserlo, ma nessuno di noi sapeva se sarebbe riuscito a far decollare la propria carriera. Ci siamo quindi aiutati a vicenda. Tutti si incoraggiavano l'un l'altro per migliorare. Avevamo anche altri amici che sono diventati famosi e che ci hanno comunque spronato. Questo è stato l'incoraggiamento di cui avevamo bisogno per perseverare nel nostro cammino artistico.

Credo che la perseveranza sia l'aspetto più importante. Quando vedi che i tuoi amici ottengono buoni risultati, ti convinci a continuare a fare ciò in cui credi. Non importa se vuoi fare il DJ o l'artista.
Sarebbe stato molto facile abbandonare tutto in qualsiasi momento dei primi 10 anni della mia carriera. Ma quando vedi che i tuoi amici hanno ottenuto un contratto per un libro o un disco oppure hanno fatto mostre a New York, pensi: “Bene, se possono farlo loro, posso farcela anch'io”.

Nel corso dei tuoi anni di attività artistica, riesci a ricordare il momento in cui hai visto il G9 per la prima volta

Mio padre ne aveva uno negli anni '70, quando ero piccolo. Era un grandissimo fan di Steve McQueen. Quando l’artista morì, gli si spezzò il cuore. Era anche un grande fan di Elvis e John Lennon, ma per qualche strano motivo per lui Steve McQueen significava molto di più. John Lennon ed Elvis morirono nello stesso periodo, ma non ricordo la stessa tristezza. Per Steve McQueen era davvero sconvolto.

Come pensi che la giacca G9 sia legata all'industria musicale?

Beh, per me si basa tutto sulla musica. Credo che il legame sia proprio questo. Lo stile e la musica sono due mondi interconnessi.

Secondo te, che cosa rende il design del G9 intramontabile?

Il fatto di essere molto originale e al contempo un vero classico. Il mio mantra nell'arte è “la semplicità è la chiave”. Quando qualcosa diventa semplice, può trascendere il tempo. Diventa eterno. Mi piace puntare tutto sulla semplicità. Adoro ridurre i dettagli al minimo, eliminando tutto ciò che non serve. Quando si aggiungono troppe cose, le persone iniziano a dare il proprio parere. Quando si punta invece su pochi dettagli, la gente si concentra di più. E meno opinioni si hanno, più gli oggetti possono sopravvivere nel tempo senza essere notati troppo, continuando semplicemente a riscuotere successo.

Mi piace la semplicità della giacca G9, perché si adatta a tutte le mie attività. Per questo motivo, voglio che quello che faccio sembri risalire agli anni '60 e non del 2023. È proprio questo il lavoro che cerco di creare. Credo che sia proprio la semplicità che lo contraddistingue ciò che mi aiuta a portarlo avanti. Penso, perciò, che si possa paragonare alla giacca G9. È semplice ed elegante. Non c'è nulla di specifico che lo faccia risaltare, ma allo stesso tempo è proprio questo aspetto a renderlo straordinario. È sempre attuale. Se fosse troppo appariscente, darebbe nell'occhio e le persone inizierebbero a farsi un'opinione in merito. Succede quando ci sono dettagli estremamente evidenti o di troppo che rendono ovvia l'epoca di riferimento. Al contrario, quando si inseriscono meno dettagli, nessuno è in grado di risalire al relativo periodo storico. E credo che il segreto sia proprio questo.

Che cosa significa essere britannici?

Sono cinese, in realtà, ma mi sento britannico. La "britannicità" è rappresentata dalla gente che ama l’organizzazione e la routine. Ad esempio, il venerdì è il giorno del fish and chips. Essere britannici consiste anche nell'offrire sempre una tazza di tè a tutti. Tutti amano sorseggiare da una tazza mentre stanno facendo qualcosa. La gente, poi, adora il sabato. Tutti i miei amici amano andare al pub il sabato. Che sia prima o dopo essere andati a vedere la partita è indifferente. L’organizzazione piace molto. È un aspetto, questo, che ho capito di apprezzare molto anch’io. Credo che sia una caratteristica propria del popolo britannico. Questa idea mi è stata inculcata proprio dal fatto di aver vissuto in questo Paese.

Ma, in definitiva, credo che i britannici siano molto accoglienti, gentili e aperti alla multiculturalità. Questa è la cosa più importante, ed è anche ciò che mi rende più facile vivere qui e amare Manchester e la Gran Bretagna.